XIV Convegno Dottorale

1, 2, 3 luglio 2024 – Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Ambiti disciplinari

Nella presente sezione sono consultabili proposte di lavoro su alcuni degli ambiti disciplinari accolti dal Convegno, da non intendersi come esclusivi né vincolanti per i partecipanti:

  • CINEMA E TELEVISIONE
  • FILOSOFIA
  • GEOGRAFIA
  • LETTERATURA E LINGUISTICA
  • MUSICA
  • PEDAGOGIA
  • STORIA

La partecipazione è aperta a dottorande e dottorandi, dottoresse e dottori di ricerca, studiose e studiosi afferenti a tutti i settori scientifico-disciplinari dell’Area 10, dell’Area 11, dell’Area 12, dell’Area 13 e dell’Area 14 presso Atenei italiani e internazionali.


CINEMA E TELEVISIONE

L’identità nel cinema e nella serialità televisiva

I film e le serie televisive rispondono sempre di più a un bisogno generalizzato di mettere in scena immaginari capaci di ridefinire e problematizzare l’identità (sessuale, di genere, etnica, culturale ecc.). Gli studi sul cinema e sulla serialità, di conseguenza, privilegiano metodologie di analisi non circoscritte a un unico campo di indagine, ma guardano all’intersezionalità e alla multidisciplinarietà, accostando la settima arte ad altre forme espressive (arte contemporanea, statuaria, videoarte ecc.) e i film studies a ulteriori prospettive di indagine (studi postcoloniali, femministi, queer ecc.).

Di fronte all’avvento di soggettività sempre più irrisolvibili in manicheismi culturali granitici e socialmente condivisi, un primo indirizzo di ricerca concerne l’ampio ricorso a identità metamorfiche tipiche di un certo dionisismo contemporaneo (Fusillo, 2006), la cui natura ibrida è ampiamente restituita da un panorama artistico, visuale e intermediale particolarmente focalizzato su una visione postmoderna (se non postumana) del corpo. Un immaginario in cui le pratiche estetiche e tecnologiche favoriscono ibridazioni e détour epistemologici (Ravesi, 2021), che chiamano in causa diversi ambiti di ricerca: dagli screen studies agli studi sulla performance, dai queer studies alla fenomenologia. In un mondo in cui la percezione della tecnologia è così naturalizzata da essere integrata nell’habitat del soggetto, innestandosi su di esso in maniera indistinguibile (Casetti, 2015; Eugeni, 2015), i nuovi paradigmi di indagine non favoriscono più l’umano bensì il suo connubio con l’artificio, in un sex appeal dell’inorganico (Perniola, 1994) che caratterizza mondi e orizzonti distopici, sci-fi e horror popolati da cyber, cloni, creature ibride, innesti con le nuove tecnologie (Alfano Miglietti, 2008), nonché da un sempre maggior interesse, sia nel cinema di finzione che nel documentario, per gli immaginari fetish del mondo BDSM, nel loro connubio tra carne e lattice, soggetto e oggetto (Di Marino, 2013).

Una seconda prospettiva riguarda la popolarità dei prodotti audiovisivi che si muovono sulla rappresentazione di identità etniche, sessuali, di genere, culturali sottorappresentate e sottomesse a strutture discorsive egemonico-dominanti fortemente asimmetriche (Ponzanesi, Waller, 2011), di stampo etero-cis-normativo o di eredità coloniale, postcoloniale, se non neocoloniale. Per esempio, negli ultimi anni, gli studi sul cinema e sul film hanno iniziato a rapportarsi alle produzioni del Sud globale attraverso prospettive metodologiche fortemente mirate a mettere in crisi una struttura eurocentrica e capaci di riconoscere il contributo di registi postmigranti, come nel caso del cinema africano, invisibile in Italia se non in contesti festivalieri (De Franceschi, 2017). Grazie anche alle nuove piattaforme streaming come Netflix, l’inclusione non è solamente una strategia retorica che riguarda unicamente un certo tipo di rappresentazione dell’Altro, ma un valore commerciale all’interno di un mercato sempre più competitivo e attento ai valori di equità e di integrazione, che risponda ai valori progressisti di un’ampia porzione di pubblico, soprattutto giovanile e desideroso di vedersi rappresentato con dignità. Al contempo, una prospettiva che bisognerebbe continuare ad approfondire concerne i limiti e i pericoli a cui tali narrazioni possono imbattersi, a partire proprio dalla spasmodica necessità di fare dell’inclusività uno slogan asettico e acritico, che rischia di ricadere nella banalizzazione, nello stereotipo, in nuove strategie di conformismo, nell’incapacità di generare vero senso critico, a vantaggio della mera logica del guadagno immediato (Rhodes, 2022).  

Di seguito, alcune proposte di indagine, da non considerarsi tuttavia vincolanti:

  • le strategie narrative e formali attraverso cui i prodotti audiovisivi mettono in scena identità, culture e società;
  • particolari generi cinematografici e televisivi che lavorano su identità ibride, mutevoli, inorganiche;
  • il mercato dell’audiovisivo e il suo pubblico. Limiti e problematiche inerenti alla narrazione dell’identità (stereotipi, luoghi comuni, banalizzazione, falsa inclusione…);
  • nuove strategie di realizzazione, distribuzione e fruizione del prodotto audiovisivo online e la possibilità di comunità sottorappresentate di autorappresentarsi;

F. ALFANO MIGLIETTI, Identità mutanti. Dalla piega alla piaga: esseri delle contaminazioni contemporanee, Bruno Mondadori, Milano, 2008.

F. CASETTI, La galassia Lumière. Sette parole chiave per il cinema che viene, Bompiani, Milano, 2015.

L. DE FRANCESCHI, Lo schermo e lo spettro. Sguardi postcoloniali su Africa e afrodiscendenti, Mimesis/Cinema, Milano, 2017.

B. DI MARINO, Hard media. La pornografia nelle arti visive, nel cinema e nel web, Johan & Levi, Monza, 2013.

R. EUGENI, La condizione postmediale. Media, linguaggi e narrazioni, La Scuola, 2015.

M. FUSILLO, Il dio ibrido. Dioniso e Le Baccanti nel Novecento, il Mulino, Bologna, 2006.

M. PERNIOLA, Il Sex appeal dell’inorganico, Einaudi, Torino, 1994.

S. PONZANESI, M. WALLER (edited by), Postcolonial Cinema Studies, Routledge, London, 2011.

G. RAVESI, Le maschere di Dioniso. Figure del corpo tra arti visivi, media e tecnologia, Armando Editore, Roma, 2021.

C. RHODES, Woke Capitalism, Bristol University Press, 2022, tr. it. a cura di Michele Zurlo, Capitalismo woke. Come la morale aziendale minaccia la democrazia, Fazi Editore, Roma, 2023.


FILOSOFIA

Che l’identità possa essere un concetto multiforme è tanto apparentemente una tesi paradossale – se l’identità è definita come un rapporto di uguaglianza, di perfetta coincidenza, una garanzia di invarianza che permetta l’individuazione – quanto un’evidenza risultante dalla varietà delle riflessioni filosofiche intorno ai molteplici modi in cui gli esseri umani, nelle loro vite personali e collettive, si orientano nel mondo, tentano di conoscerlo e in una certa misura di costruirlo – o di costruire una pluralità di mondi – a partire dall’orizzonte in cui si trovano e dalla loro capacità di proiettarne di nuovi.

Un tale polimorfismo del concetto di identità, o perlomeno delle riflessioni su di esso, si accompagna solitamente ad una molteplicità di parole e concetti che di volta in volta sono ad esso associati e che definiscono in modo più o meno specifico la prospettiva di ciascun orizzonte filosofico al riguardo.

Benché il concetto di identità, dunque, assuma nella storia della filosofia le accezioni più variegate, e benché la sfumatura di esso con cui siamo oggi più familiari sia quella definita nella modernità, già nel discorso di Diotima nel Simposio di Platone troviamo una prima forma di riflessione su una questione che sarà decisiva: «quando si dice che ciascun vivente rimane se stesso (per esempio che dalla nascita alla vecchiaia permane la sua identità), ebbene questo essere non ha mai in sé le stesse cose. Diciamo sì che è sempre lo stesso, ma in realtà non cessa mai di rinnovarsi ogni momento in certe parti […] E questo non è vero soltanto per il suo corpo, ma anche per la sua anima: i sentimenti, il carattere, le opinioni, i desideri, i piaceri, i dolori, i timori, niente di tutto questo rimane costante per ciascuno di noi, ma tutto in noi nasce e muore». Peraltro, qui è evidente un tratto diffuso nella concezione greca, del quale il panta rhei eracliteo può essere considerato un’epitome, ossia l’idea che l’identità si esplichi nel cambiamento, in una continua trasformazione: come l’identità del ‘fiume’ è fissata dallo scorrere delle acque, così l’identità dell’essere umano è definita dal suo divenire. Un ulteriore spunto di riflessione può derivare inoltre dalla concezione stoica dell’oikeiosis, articolata in diversi livelli, dall’autoconservazione del proprio essere alla sfera etica e consociativa (Radice 2000).

A partire dalla filosofia moderna la questione dell’identità è strettamente legata all’idea di coscienza. Ad esempio, la riflessione kantiana sull’io come coscienza dell’identità di una funzione a cui deve poter essere ricondotta ogni nostra attività, e in particolare l’esperienza, la conoscenza oggettiva del mondo, rappresenta una svolta nel tentativo della modernità di comprendere i rapporti tra soggetto e mondo. Il rifiuto di intendere tale identità come sostanza e la distinzione tra soggetto trascendentale e soggetto empirico, tuttavia, portano ad interrogarsi sul rapporto tra autocoscienza e conoscenza di sé (cfr. Klemme 1996, Kraus 2020) e tra un’identità così concepita e l’identità personale.

Questo secondo aspetto, il tema dell’identità personale, di ciò che garantisce una connessione, una continuità nel tempo alle nostre vite individuali, già presente, per esempio, in Locke e Hume (Strawson 2014, Greco 2014), è poi connesso alla questione della memoria, al ruolo delle emozioni e al rapporto tra identità e agire etico, nella concezione, ancora oggi molto discussa e varia, ripresa soprattutto in ambito analitico, di identità narrativa, di costituzione del sé (cfr., tra gli altri, McIntyre 1981, Goldie 2004).

La concezione dell’identità narrativa è trasversale a diversi ambiti della filosofia, in cui si declina specificamente aprendo ad ulteriori problemi. Si pensi ad esempio all’idea di una costruzione dell’identità e di un sé dialogico nella visione comunitarista (Taylor 1989 e 1991), che chiama in causa il ruolo della comunità come orizzonte di significato in cui soltanto l’agency del soggetto umano può esplicarsi, ponendo anche l’attenzione sul problema del riconoscimento o del mancato riconoscimento.

Si pensi però anche all’idea di identità narrativa in fenomenologia, con la distinzione ad opera di Paul Ricoeur (Ricoeur 1991) di ipseità e medesimezza, e al ruolo della variazione immaginativa e della mediazione dei simboli culturali nella conoscenza del sé.  In fenomenologia, peraltro, il problema dell’identità può essere indagato anche, ma non solo, dal punto di vista del rapporto tra sé e l’altro (Zahavi 2014) e dell’idea di un mondo della vita (Lebenswelt) comune.

La nozione di identità, dunque, include in sé la tematica speculare dell’alterità. Questa relazione tra i due concetti apre prospettive a quello che potremmo definire l’ethos del dialogo. In quest’espressione il ‘dialogo’ può essere inteso sia nel senso del genitivo oggettivo, per cui l’ethos indica alcuni presupposti ontologici e atteggiamenti etici grazie ai quali può attuarsi un dialogo vero, sia nel senso del genitivo soggettivo, per cui è il dialogo stesso a generare un certo ethos, a contribuire alla costituzione di uno specifico carattere etico delle persone coinvolte e delle loro reciproche relazioni. Tale dialogo ha come presupposto i tratti essenziali dell’identità aperta (Gorczyca, 2016). Si pensi soprattutto all’idea di Buber di una filosofia dialogica che afferma la centralità dell’altro nella complessa costruzione della soggettività individuale.

Nella prospettiva contemporanea, se la riflessione di Buber restituisce l’immagine di un’umanità che trova nell’incontro la soluzione alla crisi del moderno, in controparte Zygmunt Bauman pensa ad essa come a un’invenzione attribuibile allo stesso periodo storico. Egli vede l’identità come un problema recente nella storia, che, solo nella modernità, ‘liquida’ per l’appunto, si radicalizza ed esplode in modo dirompente. Il filosofo pone l’accento su come l’identità nell’età moderna diviene una meta da raggiungere, mentre nell’età post-moderna si configura come una ‘ricercata fuga dall’incertezza’: «il tuo Cristo è ebreo, la tua macchina è giapponese, la tua democrazia è greca, il tuo caffè brasiliano, la tua vacanza turca, i tuoi numeri arabi, il tuo alfabeto latino. Solo il tuo vicino è uno straniero”. (Bauman 2020) La questione identitaria sarebbe perciò figlia di un tempo di straordinaria incertezza, dovuta agli effetti disgregatori della globalizzazione, che modifica paesaggi sociali familiari, intacca i nostri sensi di sicurezza e mescola gli individui smembrando le loro identità personali e sociali. Esiste, dunque, la possibilità di costruire la nostra identità prescindendo dall’altro? Oppure l’altro, il suo mondo, la sua diversità sono strettamente intrecciati ad essa? Per di più, quando e come l’identità personale viene invece minacciata dall’alterità se l’incontro di cui parla Buber diviene atto di supremazia del mio essere rispetto al tuo?

Le svariate riflessioni filosofiche sul concetto di identità, pertanto, hanno anche il pregio di metterne in luce i limiti. Si pensi soprattutto, a proposito della questione già accennata del riconoscimento o mancato riconoscimento di individui o gruppi in condizioni di marginalità, alla critica ai limiti di una identity politics che, di per sé sola inefficace dal punto di vista emancipatorio, rischia peraltro di condurre a una reificazione dell’identità (Fraser 2000). Si tratta di un problema aperto e centrale, per esempio, negli studi di genere, dove, se da un lato si pone l’attenzione sul rischio che il riconoscimento del proprio status, necessario per la sopravvivenza, possa trasformare l’identità in uno strumento del potere cui ci si oppone, dall’altro si afferma che «non c’è motivo per non usare l’identità e per non essere usati/e da essa» se ciò può condurre a un potenziale rovesciamento dei regimi di regolamentazione (Butler 1990). È qui evidente un nodo particolarmente stretto tra il concetto di identità e quello di potere, strumenti efficaci nella riflessione sulle forme di subalternità e marginalizzazione, non solo negli studi di genere ma anche negli studi postcoloniali, dove il problema dell’identità e di una sua efficacia politica nel dischiudere nuovi orizzonti di azione è stato formulato nei termini di una proposta di essenzialismo strategico (Spivak 1990).

Z. Bauman, Intervista sull’identità, a cura di B. Vecchi, trad. it. di F. Galimberti, Laterza, Roma-Bari 2020.

J. Butler, Gender Trouble. Feminism and the Subversion of Identity, Routledge, London 1990.

N. Fraser, Rethinking Recognition: overcoming displacement and reification in cultural politics, in «New Left Review», 3, 2000, pp. 107-120.

P. Goldie, On Personality. Thinking in Action, Routledge, London 2004.

J. Gorczyca, Essere per l’altro. Fondamenti di etica filosofica, GBP, Roma 2016.

L. Greco, L’identità personale in David Hume: dalle passioni all’etica, in «Thaumàzein», 2(2014), pp. 247-264.

H. F. Klemme, Kants Philosophic des Subjekts. Systematische und entwicklungsgeschichtliche Untersuchungen zum Verhältnis von Selbstbewusstsein und Selbsterkenntnis, Felix Meiner Verlag, Hamburg 1996.

K. T. Kraus, Kant on Self-Knowledge and Self-Formation. The Nature of Inner Experience, Cambridge University Press, Cambridge 2020.

A. McIntyre, After Virtue. A Study in Moral Theory, University of Notre Dame Press, Notre Dame 1981.

R. Radice, «Oikeiosis». Ricerche sul fondamento del pensiero stoico e sulla sua genesi, Vita e Pensiero, Milano 2000.

P. Ricoeur, L’identité narrative, in «Revue des sciences humaines», LXXXXV, 221, janvier-mars 1991, pp. 35-47.

G. C. Spivak, The Post-Colonial Critic: Interviews, Strategies, Dialogues, Routledge, London 1990.

G. Strawson, Locke on Personal Identity. Consciousness and Concernment, Princeton University Press, Princeton and Oxford, 2014.

C. Taylor, Sources of the Self. The Making of Modern Identity, Harvard University Press, Cambridge 1989 e Id., The Ethics of Authenticity, Harvard University Press, Cambridge 1991.

D. Zahavi, Self and Other: Exploring Subjectivity, Empathy and Shame, Oxford University Press, Oxford 2014.


GEOGRAFIA

Il concetto di identità, quando trasposto nella dimensione territoriale, si configura come punto d’incontro di tre distinti assi di analisi che rappresentano, rispettivamente, la coerenza interna, che riflette sulla differenza e sul confronto con l’altro; la continuità nel tempo, che richiama la memoria, le tradizioni e le abitudini; e la tensione teleologica, che si collega all’azione proiettata nel futuro. L’identità territoriale risulta essere come un intreccio di elementi che comprendono la relazione con l’altro, la storia e la proiezione verso il futuro (Dematteis, Governa, 2003).

Negli studi geografici contemporanei, l’analisi dell’identità emerge soprattutto in relazione ai recenti processi di rinascita delle identità locali, etniche e religiose (Pioletti, 2020). Questo fenomeno rappresenta un’importante area di indagine in cui la geografia si impegna a esplorare come le dinamiche spaziali influenzino e siano influenzate dal contesto geografico e dalle percezioni culturali. Le caratteristiche fisiche e culturali di un luogo possono infatti generare senso di appartenenza e di identità delle comunità che lo abitano e tale fenomeno rende complesse le interazioni tra spazio e identità, sfumando i confini tra le discipline e offrendo una prospettiva integrata per comprendere varie dinamiche socio-culturali.

Ciò si manifesta particolarmente nel contesto del patrimonio artistico-monumentale, assumendo un ruolo cruciale nel consolidare il senso di identità e promuovendo la valorizzazione dell’interculturalità (Ronza, 2011).

La trasformazione degli spazi geografici da meri contesti oggettivi a nodi centrali di questioni complesse è un aspetto chiave negli studi contemporanei (Gavinelli, 2007). Tradizionalmente considerati come ambienti fisici misurabili e stabili, gli spazi geografici sono ora interpretati come luoghi in cui si intrecciano dinamiche complesse legate a fenomeni di inclusione ed esclusione socio-territoriali, soprattutto nelle città. La geografia, assunta come chiave di lettura, propone una prospettiva innovativa sulla costruzione e ricostruzione delle identità, soprattutto nell’ambito di nuove urbanità (Scafa, Zavettieri, 2023).

Il concetto di identità diventa un elemento cruciale in questa prospettiva, poiché non si limita alla configurazione fisica del territorio, ma include anche rappresentazioni culturali, storiche e simboliche che contribuiscono a plasmare il significato di uno spazio. Le identità delle comunità locali si riflettono e si costruiscono attraverso il paesaggio, che, a sua volta, diventa un medium attraverso il quale si esprime il senso di appartenenza e la relazione tra gli individui e il luogo.

Dematteis G, Governa F. (2003), Territorialità, sviluppo locale, sostenibilità: il modello SLoT, FrancoAngeli, Milano.

Pioletti A. M. (2020), Gli strumenti per leggere il mondo: La geografia dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado, FrancoAngeli, Milano.

Ronza M. (2011), Educare ai beni culturali: geografia, identità e sostenibilità, Carocci, Roma.

Gavinelli D. (2007), Geografia e Letteratura, in M. Casari, D. Gavinelli, La letteratura contemporanea nella didattica della geografia e della storia, Cuem, Milano, pp. 5-14.

Scafa L., Zavettieri G.G. (2023),  Riqualificazione Delle, Nelle, Per Le Periferie. Il Ruolo delle Cooperative di Comunità Urbane, in V. Albanese, G. Muti (a cura di), Oltre la globalizzazione – Narrazioni/Narratives, Società di Studi Geografici. Memorie geografiche NS 23, Firenze, pp. 975-982.


LETTERATURA E LINGUISTICA

Problemi d’identità legati al concetto d’autorialità

La creazione artistica, presupponendo l’ideazione e la realizzazione di un nuovo prodotto artistico originale sia nella forma sia nel contenuto dell’espressione, è un atto assimilabile alla creazione ex nihilo, benché legato alla rielaborazione di materiale preesistente appartenente alla tradizione. L’autore, al momento di riconoscere la paternità di un’opera, ha facoltà di conferirle un titolo e di scegliere per sé uno pseudonimo, occultando o ridefinendo strategicamente la propria identità, nondimeno l’esistenza dell’opera dipende dall’assunzione di responsabilità di una persona reale anche quando l’autore è sconosciuto o ha deciso di non firmare l’opera con il suo nome proprio. In ogni caso l’autore è un nome di persona facente capo all’insieme delle sue opere. Il concetto di plagio, inteso nel significato di ‘furto di opere’ ricavato dall’uso che del derivato di plagium fa Marziale, nasce dalla violazione dei diritti di proprietà intellettuale che derivano dal principio di autorialità. La riflessione sul tema del plagio consente di discutere e storicizzare la concezione di autorità e originalità relativa alle diverse epoche storiche e alle modalità di appropriazione e recupero della tradizione nella costituzione di soluzioni originali. La questione dell’attribuzione di un’opera rimanda anch’essa al concetto di autorialità e a quello di originalità che caratterizza la cifra stilistica di un autore, ponendosi problematicamente di fronte ai casi di autorialità contestata, co-autorialità, opere collettive, spurie, anonime.

Nelle opere letterarie l’autore può adoperare la propria libertà creativa e inventiva sfruttando i procedimenti impliciti nel patto con il lettore: l’identificazione dell’autore che produce il testo con l’enunciatore del discorso scritto. L’autobiografia, il diario, la memoria, l’autoritratto, il saggio e tutti gli altri generi di letteratura intima prevedono che vi sia identità di nome tra l’autore e il locutore principale o il protagonista; i generici lirici in prima persona si servono dell’identificazione dell’autore con il soggetto che si esprime nei versi per convincere dell’autenticità dell’ispirazione, elaborare il personaggio lirico e ottenere l’accreditamento della res ficta; le opere narrative di finzione come il racconto e il romanzo fanno leva sul patto che induce il lettore a ritenere vere le affermazioni del narratore informato sui fatti, accordandogli l’autorità di autenticazione, ma l’autore può anche rinunciare a costruire un punto di vista privilegiato, sottraendo gli eventi che costituiscono l’intreccio alla possibilità di qualunque convalida dei fatti presentati.

L’opposizione falso-vero nella rappresentazione del personaggio-uomo si traduce nella costituzione di un individuo concreto ed empirico ricreato a immagine e somiglianza dell’umano, dotato di una sua identità e di un nome proprio (determinato in modi diversi), che può impersonare uno stereotipo o un archetipo oppure ispirarsi a un personaggio storico o ancora nascere come figura d’invenzione. Sia che l’individuo corrisponda a una “maschera” (dall’etimologia di ‘persona’) sia che la rappresentazione possieda una dimensione psicologica che lo fa apparire una figura a tutto tondo, il personaggio riflette e mette alla prova il paradigma culturale dell’autore e della sua epoca e si connette agli aspetti relativi all’autobiografismo e auto-finzione.

Problemi d’identità legati alla lingua

La lingua è stata riconosciuta formalmente da tutti gli Stati come fattore strutturale dell’identità nazionale e la letteratura nazionale è uno degli strumenti attraverso cui si mira a costruire e tramandare l’identità collettiva. La ricerca di uno standard nazionale nella lingua di comunicazione spesso ha precorso e favorito il processo di unificazione statale e si è affidata agli scrittori per l’individuazione dei prototipi linguistici prestigiosi, ideali o concreti, da proporre. I modelli linguistici e letterari che si sono affermati conducono alla riflessione sulle visioni alternative e marginali che coesistono in conflitto con quelle prevalenti nell’identità stratificata della comunità ovvero sull’immagine veicolata dalla storia della letteratura e dal canone.

In un caso come quello italiano, la coesistenza non sempre pacifica tra i dialetti come espressione di identità locali più o meno pulviscolari, da un lato, e la ricerca e l’affermazione di uno standard linguistico unitario, dall’altro, si è riversata nell’evoluzione dei rapporti fra letteratura nazionale e letterature dialettali: si va dalla seminale riflessione crociana sulla «letteratura dialettale riflessa», che ha provvisoriamente risolto i termini del conflitto nel senso di un’appropriazione centripeta delle espressioni linguistiche locali da parte di una cultura letteraria unitaria in via di progressiva legittimazione, al rovesciamento dei termini in gioco, operato nel secondo Novecento, per cui la parcellizzazione delle identità locali in via di sparizione, da Pasolini alla neodialettalità contemporanea, si è posta in rapporto sempre più antagonistico con i modelli imposti da un contesto sociolinguisticamente e antropologicamente omologante. Anche su questo piano si è giocata e si gioca la dialettica, sempre operante e feconda in campo artistico-letterario, tra langue e parole, tra modelli eteronomi più o meno condivisi e rivendicazioni identitarie più ristrette: finanche individuali e, ancora una volta, prettamente autoriali, laddove la lingua cede, dall’iperlocalizzazione del dialetto, all’irripetibilità dell’idioletto.

Franco Brevini, Le parole perdute. Dialetti e poesia nel nostro secolo, Torino, Einaudi, 1990.

Benedetto Croce, La letteratura dialettale riflessa, la sua origine nel Seicento e il suo ufficio storico, «La Critica», XXIV, 1926, pp. 334-343 (poi in Id., Filosofia, poesia, storia. Pagine tratte da tutte le opere a cura dell’autore, Milano-Napoli, Ricciardi, 1952, pp. 355-364).

Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento, presentazione di Eugenio Montale, testi introduttivi di Mario Andreose e Massimo Onofri, Milano, La nave di Teseo, 2022 (nuova edizione).

Nicola De Blasi, Il dialetto nell’Italia unita. Storia, fortune e luoghi comuni, Roma, Carocci, 2019.

Lubomír Doležel, Thruth and Authenticity in Narrative, «Poetics Today», vol. 1, n. 3, 1980, pp. 7-25.

Lucia Fiorella, Oltre il patto autobiografico. Da Barthes a Coetzee, Roma, Artemide, 2020

Carolin Fischer, L’inizio del canzoniere come luogo del patto poetico, in AA. VV., “Liber”, “fragmenta”, “libellus” prima e dopo Petrarca: in ricordo di D’Arco Silvio Avalle, a cura di Francesco Lo Monaco, Luca Carlo Rossi, Niccolò Scaffai, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2006, pp. 363-383.

Philippe Lejeune, Il patto autobiografico, Bologna, Il mulino, 1986.


MUSICA

Se le contaminazioni sono da sempre state un utile e prezioso fattore nei processi creativi, i movimenti migratori da un lato e la possibilità di una rapida diffusione di brani musicali tramite piattaforme per gli ascolti in streaming, radio, tv, social media, dall’altro, pongono nuove domande su quante e quali identità possano caratterizzare una composizione e su quanto esse siano riconoscibili e siano così in grado di raccontare le evoluzioni e gli incontri tra generi musicali, a partire dai loro luoghi di produzione e appartenenza e ormai ben oltre il concetto di world music.

Le identità di un brano, di una canzone, di un genere musicale, di un compositore, della funzione e della personalità artistica di un direttore d’orchestra, sono solitamente il risultato di un processo non meno complesso di quello che si realizza per la formazione di ciascun individuo.

La musica, portatrice e narratrice di processi culturali e sociali è, inoltre, anche possibile strumento di analisi e di proposta educativa inclusiva e può facilitare la costruzione di identità dialoganti, su un piano collettivo, nel riconoscere e valorizzare quelle individuali.

Date queste riflessioni, si invita in particolare alla presentazione di contributi che riguardino:

  • L’identità e le identità culturali, individuali e collettive, in prospettiva diacronica, nei testi in forma canzone.
  • L’intervento dell’arrangiatore/produttore nel determinare l’identità (o le identità) di una canzone.
  • I processi di incontro tra identità culturali e musicali, sia in collegamento con i processi migratori sia per la diffusione tramite i media (internet, tv, radio, social), e la loro ricaduta nei prodotti artistici e nelle forme di performance e di fruizione.
  • Studi ed esperienze di carattere pedagogico in Italia e all’estero, in cui la musica sia strumento per una proposta educativa inclusiva e possa facilitare la costruzione di identità, nel riconoscere e valorizzare quelle individuali.
  • Quali e quante identità per il direttore d’orchestra: i rapporti con il repertorio, l’orchestra e il pubblico.

Antonelli, G. (2010). Ma cosa vuoi che sia una canzone. Mezzo secolo di italiano cantato. Bologna: Il Mulino.

Berselli, E. (2007). Canzoni. Storie dell’Italia leggera. (2. Ed.). Bologna: Il Mulino.

Frello, B. (2006). Cultural Hybridity: Contamination or Creative Transgression? Akademiet for Migrationsstudier i Danmark, Aalborg Universitet.

Born, G., Tilley, C. (2011). Music and the Materialization of Identities, in  Journal of Material Culture 16(4), 376–88.

Bosticco, G. (2020). Con-sonanze. Musica, leadership, identità e relazioni, in Psiche, Rivista di cultura psicoanalitica 2/2020, 539-550.

Byczkowska-Owczarek, D. (2022). A Socially Constructed Individualist: An Interactionist Study of Role-Making among Orchestral Conductors, in Qualitative Sociology Review 18(4), 132-152.

Brito, F. A., & Vieira, D. A. (2022). Music Streaming: Consumption Patterns in Digital Ambients. In Impact of Digital Transformation on the Development of New Business Models and Consumer Experience, 74-96. IGI Global.

Cappa, C., & Sellari, G. (A cura di) (2018). Musica è emozione. Crescita educativa e culturale nella scuola secondaria di primo grado. Pisa: Edizioni ETS.

Caon, F. (2023). La canzone nell’educazione linguistica. Lingua, (inter)cultura e letteratura. Milano: Utet Università.

Gullö, J. O., Hepworth-Sawyer, R., Paterson, J., Toulson, R., & Marrington, M. (A cura di). (2024). Innovation in Music: Cultures and Contexts. CRC Press.

Jansson, D., & Balsnes, A. H. (2021). Choral conducting education: The lifelong entanglement of competence, identity and meaning. Research Studies in Music Education43(3), 347-365.

Moschetta, P. H., & Vieira, J. (2018). Música na era do streaming: curadoria e descoberta musical no Spotify. Sociologias20, 258-292.

Payne, A. (2021). Analysis of shared leadership practices during an original music production process. Journal of Leadership, Accountability and Ethics18(2), 94-109.

Pivato, S. (2002). La storia leggera. L’uso pubblico della storia nella canzone italiana. Bologna: Il Mulino.


PEDAGOGIA

In ambito pedagogico le teorie, le pratiche e i saperi educativi hanno esplorato ampiamente il concetto di “identità” (di genere, etnica, di classe, sociale, culturale), così come quello di “mondo” (utopico, distopico, alterità, possibilità), inteso soprattutto come spazio intersoggettivo della formazione personale e dell’interazione sociale come costruzione di sé e dell’alterità. Nel corso degli ultimi anni, poi, ad aver avuto un forte impatto sulle pratiche educative è stato proprio il concetto di differenza, essenziale per la formazione dell’Io nel processo di crescita. Spazio e soggettività sono, inoltre, legati pedagogicamente al concetto di orizzonte nel suo porsi come linea di possibilità esplorabili, da raggiungere, visionabili e conquistabili. Possibilità che indirizzano, se opportunamente calate nel reale e nelle pratiche formative, lo sguardo pedagogico sul presente, sulla società, sulla cultura e sulla formazione dei soggetti verso la costruzione (o, perché no, la ricostruzione di vecchi concetti e assunti) di nuovi paradigmi educativi.

Da un punto di vista prettamente epistemologico, il tema dell’identità si colloca come centro fondamentale della formazione delle soggettività (in passato come oggi), comprendendo al suo interno i più svariati paradigmi sociali e culturali che influenzano integralmente la costruzione del sé. Fenomenologicamente, il sé esiste solo se inserito in un’ottica intersoggettiva, rendendo l’idea di identità strettamente correlata a quella di relazione: lo stare-con-l’altro, vivere l’alterità e le differenze, sono quindi elementi pedagogici forti nella strutturazione della persona. Così come, poi, si caratterizzano come elementi strutturali (e strutturanti) forti dello spazio e del mondo che ci circonda e che abitiamo. Parlare di identità, spazi/mondi e orizzonti possibili in pedagogia apre all’interpretazione di un panorama socio-culturale e formativo complesso, dove la complessità rappresenta la chiave tramite cui leggere la realtà e ripensare quelle stesse identità, quei mondi e quegli orizzonti in cui è immerso il soggetto (e la società di conseguenza). 

Dall’identità di genere, a quella etnica, di classe, alle neurodivergenze, finanche alle identità complesse (intersezionali) che combinano i paradigmi sociali, culturali e identitari qui citati, la pedagogia può (e deve) occuparsi dei nuovi rivolgimenti che hanno cambiato, profondamente, il senso collettivo e personale di identità. Anche, poi, tenendo in considerazione le sue declinazioni in ambito scolastico, extrascolastico e, soprattutto, culturale. Quest’ultimo si pone come territorio fecondo di esplorazione delle potenzialità educative/diseducative di mondi (soprattutto fiction) che offrono sguardi pedagogici ulteriori sulla realtà quotidiana del presente (o di possibili futuri). Da non dimenticare, poi, l’importanza fondamentale (e i cambiamenti) portati dalle varie età della vita, veri e propri mondi biologici/identitari, che ne parcellizzano ulteriormente i significati, gli stereotipi e le rappresentazioni.

Di seguito, quindi, i principali spunti epistemologici, tematici e operativi che possono essere esplorati in ottica pedagogica e che riguardano, in modi diversi, i tre temi cardine del Convegno Dottorale:

  • le relazioni pedagogiche e formative tra identità differenti, nell’educazione formale (scuola/istituzioni), nell’educazione informale (prodotti culturali del quotidiano) e non formale (famiglie, gruppo dei pari);
  • la scuola e la didattica come mondi e relazioni da esplorare, con particolare riferimento alle identità, come nel caso dell’insegnamento delle lingue, e ai mondi di appartenenza (L1/L2, plurilinguismo);
  • identità sessuali, di genere e queer, il loro rapporto con la formazione/autoformazione del sé, con la relazione tra differenze (a scuola e nell’ambito socioculturale), nell’ottica dell’educazione e pedagogia di genere;
  • identità intersezionali e complesse, nell’ottica di una pedagogia con sguardo globalizzato, con riferimento anche alle nuove normative europee (Agenda 2030), dello sviluppo delle competenze (Raccomandazioni Consiglio Europeo);
  • le rappresentazioni culturali (e sociali) di identità e mondi e la loro valenza pedagogica, sia a partire dalla cultura “alta” che da quella “bassa” o “pop”;
  • educare all’emotività, le emozioni come componente pedagogico-formativa importante del vissuto individuale, la radice culturale, sociale e biologica delle emozioni e il loro impatto sull’apprendimento, sulla scuola e sulla formazione del soggetto nelle varie età della vita;
  • educazione, formazione e istruzione: nuovi paradigmi e interpretazioni pedagogiche dello scenario educativo e dell’istruzione attuali;
  • l’insegnante come identità e l’insegnamento come mondo: possibilità esplorative e pedagogiche della formazione docenti;
  • le età della vita come mondi pedagogici in costante movimento: infanzia, adolescenza, giovinezza, adultità, anzianità – interpretazioni e rappresentazioni tra passato, presente e futuro;
  • stereotipi e pregiudizi delle disabilità nella quotidianità (scuola, famiglia, servizi extrascolastici e lavoro) e il loro impatto nelle relazioni sociali;
  • forme letterarie, culturali, audiovisive e l’esplorazione pedagogica di identità/mondi/società altri/e che possano avere ripercussioni sulle teorie/pratiche educative, sulla formazione del sé, sull’identità (di vario tipo);
  • il mondo della scuola e le sue eterogenee identità: tra presente, passato e utopie/distopie;
  • emarginazione sociale, culturale e pedagogica del diverso: tra normalità e specialità.


Baldacci M., Colicchi E. (Eds.) (2020). I concetti fondamentali della pedagogia. Educazione, istruzione e formazione. Avio Edizioni Scientifiche: Roma.

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STORIA

L’identità, come nodo d’analisi storiografica, è sempre stata al centro di studi e dibattiti scientifici oltre ad essere allo stesso tempo evidente, nella nostra quotidianità politica e non solo, come “un’appartenenza” addivenga a connotati divisivi che non dovrebbero appartenerle.

Tra le identità fondanti dell’età contemporanea vi è quella “nazionale”. La decostruzione di un concetto, attraverso studi e ricerche che hanno posto l’accento sul carattere immaginario di questa sua particolare sfaccettatura, è avvenuta grazie alle analisi di quello che è stato definito come un processo di costruzione culturale. Nella “società liquida” del nostro presente, costellata da identità distrutte e tradite, gli ultimi prodotti scientifici hanno definito l’identità come un campo usurato e da abbandonare. Convinti, però, che ogni ricerca storica nasca dalle suggestioni dettate dalla contemporaneità al singolo autore invitiamo a superare questo limite cieco imposto da una parte della storiografia. (Hobsbawn, Ranger 1983); (Anderson 1983) (Appadurai 1996) (Benigno 2013).

L’organizzazione e l’appartenenza politica di un individuo o di una collettività s’invera nelle partiche identitarie quali l’aggregazione, la mobilitazione e la condivisione di codici culturali e comunicativi. L’esempio dettato dalla rilevanza dei partiti di massa, alla fine del XIX secolo, evolutisi e ampliatisi sino a giungere ad una centralità totalizzante, nel corso del XX secolo, mostra come l’equilibrio precario tra la società e le istituzioni che la governano sia sorretto dalla “appartenenza” politica. Alla luce della crisi del partito politico occidentale, il quale ha assolto nel corso degli anni alla funzione di garanzia della sfera pubblica con l’ampio spettro delle istituzioni nel quale l’individuo vive, ci costringe a dover ripensare il ruolo dell’identità politica. (P. Pombeni, M. Degl’Innocenti, M. Lazar, E. F. Biagini, A. Wirsching 2001) (Weber 1922).

E. Hobsbawn, T. Ranger, (trad. it. 1987 – 1983),  L’invenzione della tradizione, Einaudi, Torino.

B. Anderson, (trad. it 1996 – 1983), Comunità immaginate. Origini e fortuna dei Nazionalismi, manifestolibri, Roma.

A. Appadurai, (trad. it. 2000 – 1996), Modernità in polvere: dimensioni culturali della modernizzazione, Meltemi, Roma.

F. Benigno, Parole nel tempo. Un lessico per pensare la storia, (2013), Viella, Roma.

Per una ricostruzione dei partiti di massa nel Novecento si rimanda al più ampio e generale contributo collettaneo: P. Pombeni, M. Degl’Innocenti, M. Lazar, E. F. Biagini, A. Wirsching, I partiti di massa nell’Europa del Novecento. Interventi a cura di S. Neri Serneri, in Contemporanea, Rivista di storia dell’800 e del ‘900, pp. 292-322 Vol. IV, N. 2, 2001.

Tra i classici testi della metodologia storica si rimanda, in forma esemplificativa e riassuntiva, al volume postumo di: M. Weber (trad. it. 1958 – 1922), Il metodo delle scienze storico-sociali, Torino, Einaudi.


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